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Eva Paola Amendola, Antonella Russo, Adolfo Mignemi

STORIA FOTOGRAFICA DELLA SOCIETA’ ITALIANA

ITALIA

FASCISTA

1919-1945

Dal fascismo

alla seconda guerra mondiale

COFANETTO 4 VOLUMI

Volume [1]. La nascita del fascismo : 1919-1925 / Eva Paola Amendola, Pagg. 192

volume [2]. Gli anni del regime : 1925-1939 / Eva Paola Amendola, P. Iaccio, Pagg. 192

volume [3]. Il fascismo in mostra / Antonella Russo, Pgg. 191

volume [4]. La seconda guerra mondiale : 1940-1945 / Adolfo Mignemi, Pagg. 191

Editori Riuniti

A cura di: Giovanni De Luna e Diego Mormorio

Data di Pubblicazione: prima edizione Maggio 1998

Totali pagine 766

L'Italia fascista (1919-1945)

Gli anni immediatamente successivi alla fine della Grande Guerra videro i governi liberali di Francesco Saverio Nitti e Giovanni Giolitti sforzarsi di attuare una trasformazione democratica del paese e di completare quel passaggio a un moderno parlamentarismo che era stato avviato ancora da Cavour nel Piemonte preunitario. Tuttavia, il predominio liberale sulla politica italiana era ormai agli sgoccioli e il panorama era stato radicalmente mutato dalla guerra e dalle sue conseguenze. Infatti non solo i vecchi liberali restavano organizzati in un modo ormai inadatto e anacronistico rispetto alle esigenze della politica di massa, ma l'affermazione dei grandi partiti politici – quello socialista e quello cattolico – se da un lato rappresentava il punto di arrivo per quelle forze che erano state ai margini dell'Italia post-risorgimentale, dall'altro lato non offriva una stabile alternativa di governo a causa della reciproca ostilità e delle proprie divisioni interne. Inoltre, nel convulso contesto del 'biennio rosso', maturò in strati abbastanza ampi della società il timore che l'Italia fosse sull'orlo di una rivoluzione di tipo bolscevico – cosa storicamente non vera – e un diffuso bisogno d'ordine. In tale contesto si spiega l'ascesa del fascismo, che prima seppe imporsi all'attenzione (e diventare un movimento di massa) reprimendo con la violenza sistematica le attività delle organizzazioni socialiste e cattoliche nelle campagne, poi riuscì a entrare in parlamento grazie a un gravissimo errore di valutazione politica del fenomeno da parte liberale e infine prese il potere favorito da un re timoroso che il suo esercito potesse non obbedirgli. La dittatura fascista in Italia – a differenza di quella nazista in Germania – s'impose per stadi, con tempi relativamente lunghi e quasi sempre fingendo di rispettare la lettera, anche se non lo spirito, dello Statuto. Infatti, la costituzione del Regno non fu abrogata e la strada scelta fu quella di sfruttare – salvo in alcuni casi – la sua elasticità e laconicità per svuotare le istituzioni liberali e trasformare così lo stato, pur in una sostanziale continuità del suo personale amministrativo. Tipico è il caso delle elezioni, dapprima volte in plebiscito e poi abrogate giocando sul fatto che lo Statuto taceva al riguardo. L'aspetto più innovativo del fascismo fu che, per compensare la perdita delle libertà politiche e il peggioramento delle condizioni di vita dei ceti medio-bassi, costruì un enorme meccanismo di gestione del consenso che faceva un impiego moderno dei mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi, e che nell'organizzazione del tempo libero delle classi subalterne offrì all'Italia una prima apertura verso la società di massa, sebbene in modo mediato e autoritario. Il fascismo, nonostante un relativo consenso e la pesante cappa di controllo, non divenne però mai pienamente un totalitarismo: il Partito nazionale fascista fu un organismo ridondante e assoggettato agli organi dello stato, i tradizionali centri del potere – a partire dalla Chiesa e dalla monarchia – non furono assoggettati, bensì il regime si reggeva su un continuo compromesso in chiave conservatrice e reazionaria con essi, garantito in ultima istanza da Mussolini. Per esempio, dopo gli accordi del Laterano, il Vaticano ebbe riconosciuta la propria autonomia e anzi – pur fra tensioni anche gravi – mantenne una presenza attiva in un settore fondamentale per un totalitarismo come l'educazione dei giovani. La bancarotta del regime e la sostanziale dissoluzione dello stato durante la guerra mondiale, a causa della sconfitta militare ma anche per responsabilità di un re e di un capo del governo preoccupati più della propria salvezza che di quella del paese, segnarono il momento più cupo della storia post-risorgimentale: la perdita dell'unità e dell'indipendenza. In questo quadro la resistenza, pur non essendo un movimento di massa (nel senso che la maggior parte degli italiani si limitò ad attendere la fine del conflitto), rappresentò un momento fondamentale di rinascita civile, destando ampie simpatie nella popolazione. La resistenza antifascista, al di là delle posizioni degli Alleati, permise di affermare che l'Italia non si riassumeva nel crollo dell'estate 1943, diede un contributo importante a limitare le distruzioni del tessuto produttivo e pose le basi politiche per il reingresso del paese nella comunità internazionale a guerra finita.

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